C’è chi si definisce vegan senza avere le “carte in regola” per esserlo. Ed in effetti credo sia la scelta più dura e innovativa cui possa aderire l’essere umano. Si fa presto a dire vegan.
Vegan, la più grande rivoluzione culturale
Personalmente credo che vegan sia l’unica filosofia di vita che coinvolge l’individuo in tutta la sua interezza fisica, mentale, emozionale e spirituale; la sola in grado di dare alla persona il vero benessere attraverso il rinnovamento del pensiero e la sensibilità del cuore, la responsabilità personale verso se stessi e verso il destino collettivo: insomma, la più grande rivoluzione culturale, sociale ed esistenziale.
Nella sua essenza la cultura vegan non è unidirezionale, settoriale, di parte e quindi limitata nel suo orizzonte, ma assorbe sfericamente la dimensione spirituale, religiosa e filosofica del pensiero universale dei Grandi della terra inglobando nei suoi principi non solo l’uomo ma ogni essere vivente.
Si è vegani per diversi motivi: come raggi della stessa ruota si arriva al veganesimo da direzioni diverse.
Essere vegan
E così, a seconda della propria aspirazione, della propria sensibilità e del pensiero personale, si sceglie di essere vegan per condivisione della condizione delle vittime, gli animali, e non essere complice della loro sofferenza e morte; chi per motivi salutistici, chi religiosi, chi ambientali, chi economici, chi filosofici, chi antropologici ecc. ma il vero vegan è solo chi fa suoi e incarna tutti gli aspetti che caratterizzano questo sistema di vita, diversamente si è vegan solo per tendenza.
Il soggetto vegan è chiamato ad essere soprattutto informato e a mettere in pratica i principi dell’igienismo e così evitare di alimentarsi in modo scorretto, con le conseguenze che ne derivano, dando cattiva immagine del Movimento.
Ma soprattutto è la rivoluzione del cuore, della coscienza, dello spirito, ne consegue che il vegan solo per motivi salutistici non può definirsi vegano: “Non mangio la carne perché fa male, se facesse bene la mangerei”.
In sostanza solo chi è universalista è vero vegan, perché solo in questa visione delle cose si incarnano tutti i principi che caratterizzano questa scelta.
Le aspirazioni profonde della natura vegan sono sicuramente quelle della felicità personale e il bene di tutte le cose.
Su questo assunto rifiuta la malattia, la violenza tra gli esseri umani e sugli animali, l’ignoranza, la miseria e la fame nel mondo, l’inquinamento, la distruzione dell’ambiente.
Se il soggetto ambisce al benessere personale, e quindi alla felicità, essere vegan è condizione imprescindibile attraverso un’alimentazione conforme alla nostra natura di esseri fruttariani.
Se rifiuta la violenza e la guerra accettare l’esistenza dei mattatoi e l’idea che un animale subisca violenza e morte per il piacere della sua gola è come se un piromane dichiarasse di amare la natura.
Il vegano cerca la gentilezza del cuore da parte della gente, la compassione la difesa del più debole, rispetta e tutela la Vita in tutte le sue espressioni; valorizza le differenze formali e sostanziali componenti la Creazione; è pacifista, rifiuta ogni forma di violenza sull’uomo, sull’animale, sulla natura; è proiettato verso il sincretismo delle grandi culture e verso il superamento delle barriere ideologiche, razziali, politiche, religiose; non ha una patria perché la patria per lui è il mondo intero; non ha un colore perché tutti i colori hanno per lui la medesima bellezza; è sensibile, buono, giusto, compassionevole, lungimirante, responsabile; vive la cultura delle cause, del senso critico costruttivo.
Naturalmente si arriva per gradi in cima alla scalinata e la velocità del passo dipende dalla consapevolezza maturata: prima si arriva e prima si smette di fa del bene a se stessi, agli animali e alla natura.
Ecco perché è così difficile essere un vero vegan.