È stato stabilito il 14 giugno 2017 dalla Corte di Giustizia che i prodotti vegetali, con denominazioni di prodotti di origine animale non possono essere commercializzati.
Per cui i prodotti denominati con il termine come latte di soia, panna di soia, crema di latte e formaggio vegan e yogurt di soia, anche se sulla confezione è riportato che indicano origine vegetale, non potranno più essere venduti come tali poiché il termine spetta soltanto ai prodotti di origine animale.
La controversia nasce in Germania, dove due società tedesche, la TofuTown che distribuisce sul territorio e nel mondo prodotti vegani, denominati con il termine burro di tofu e formaggio vegano e la Verband Sozialer Wettbewerb, che ha accusato l’azienda di violare la normativa dell’Unione sulle denominazioni per il latte e i suoi derivati caseari, sono finite in tribunale.
Con la sentenza di qualche giorno fa la Corte di Giustizia ha dato ragione alla Verband Sozialer Wettbewerb, stabilendo che il regolamento Ue riserverà le denominazioni come “crema di latte o panna”, “burro”, “formaggio” ecc. soltanto a prodotti lattiero-caseari, confermando quanto era stato stabilito dal regolamento comunitario n. 1234/2007 secondo cui la parola “latte” è da intendersi solo al prodotto dalla secrezione mammaria normale, ottenuto mediante una o più mungiture, senza alcuna aggiunta o sottrazione.
Il consumo di bevande vegetali in Italia secondo le statistiche è in continuo aumento, si stima un valore di 198 milioni con un incremento del 7,4% nell’ultimo anno. Tutto questo spaventa i produttori di prodotti caseari che temono in un calo delle vendite, o addirittura la chiusura delle aziende, soprattutto quelle piccole.
In Italia aumenta anche il numero di chi sceglie un’alimentazione vegana e il numero di chi è intollerante al lattosio. Un motivo ci sarà.
Personalmente, non ho mai considerato ingannevoli le diciture “latte di” sui prodotti di origine vegetale nei confronti dei consumatori, come al contrario ha dichiarato la Coldiretti, che ha addirittura affermato che usare il termine latte sulle confezioni dei prodotti vegetali fa chiudere le stalle.
Non vedo confusione perché leggendo sulle confezioni si capisce perfettamente cosa si acquista.
Ribadisco come in altre occasioni che ognuno è libero di chiamare i prodotti vegani come meglio preferisce, soprattutto se sulla confezione è riportata la descrizione del prodotto, e che è certamente il cambio di nome non abbasserà le vendite della bevanda di soia, e neanche comprometterà la scelta di essere vegan, una scelta sempre maggiore che non è certo influenzata dalla parola latte.
Come sempre inutili polemiche, chi è vegano o intollerante al latte continuerà a comprare bevande vegetali, poiché questi prodotti continueranno a stare sugli scaffali dei supermercati, con un altro nome.
Per il momento dal 14 giugno 2017 accontentiamoci di usare non più il termine “latte” ma “bevanda a base di”, incredibile ma vero.
E allora evviva la fantasia, inventiamoci un nuovo dizionario sui termini vegani, chiamiamolo magari il Veganzelli, così il consumatore sarà finalmente informato e non cadrà in nessuna trappola. 😉
di Antonella Tomassini